Pavel Sfera con una fan al Roxy Bar (LaPresse)
E poi ci troveremo come le star a bere del whisky al Roxy Bar. Difficile porre delle domande a Pavel Sfera, sosia del celebre cantante degli U2 Bono Vox, al noto bar sotto le Due Torri. Pavel si trova in città e molti bolognesi continuano a credere che sia davvero la star irlandese: si fermano per fare foto e c’è addirittura chi si collega in videochiamata con la propria madre per mostrare l’incontro. Sfera, tuttavia, si trova a Bologna per visitare degli amici ed è appena tornato da una missione umanitaria al confine tra Romania e Ucraina.
Sfera, come mai qui in città ? «Sto girando un film a luci rosse…Scherzo, che non si sa mai. Dopo l’esperienza al confine tra Ucraina e Romania avevo bisogno di portare le mie energie altrove. Alcuni amici bolognesi mi hanno detto di venire qua, non venivo da 13 anni e credo che mi fermerò per due settimane».
È la prima volta che tutti ti scambiano davvero per Bono? «Capita spesso. Non è la prima volta e accade regolarmente. Una volta, nei primi anni 2000, c’è cascato anche il presidente dell’Irlanda».
Hai mai incontrato Bono? «Non ci ho mai parlato, ma ho lavorato per lui alcune volte. Nel 2008 la rivista Vogue mi ha chiesto di mettermi in posa e facevo la controfigura. Io so molto bene come cammina, come si veste…e alcune volte mi capita che quando mi ingaggiano come sua sosia, nel momento in cui entro in azione tutti hanno l’impressione che io sia veramente Bono».
Farai un concerto qui a Bologna? «Sì, al Cafè de’ musici in strada Maggiore (sono stati gli unici ad accorgersi della sua identità e ad aver postato una foto su Instagram, ndr ). Perché, e questo importante per me, quello è un posto piccolo, meno turistico e mi piace aiutare questi posti. Magari anche solo per un minuto, cantando una canzone e attirando le persone che poi fanno foto, chiacchierano e creano energia. E poi appena me ne vado dicono: “Ah, è questo il posto giusto!”».
Avevi mai suonato qui? «Nel 2009. Con gli Achtung Babies, che sono la tribute band italiana degli U2. Facevamo molti concerti in tutta Italia, quasi due o tre a settimana».
Com’è stata l’esperienza al confine ucraino? «È stata complicata. Perché ci sono persone che fuggono dalla guerra e diventano rifugiati scappando verso altri Paesi. Ne arrivavano molti al confine, per loro ogni passaggio è davvero difficile. La mia esperienza è stata piena di gioia, ma soprattutto di dolore».
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